Alcune delle domande più frequenti rivolte al Dott. Mauro Di Camillo, specialista in gastroenterologia e endoscopia digestiva.
La Sindrome dell’Intestino Irritabile (SII) rientra nella più ampia categoria dei disturbi funzionali gastrointestinali (DFGI) e, in particolare, dei disturbi funzionali intestinali (DFI).
I DFGI sono condizioni cliniche caratterizzate da sintomi cronici o ricorrenti riferibili a qualsiasi tratto dell’apparato gastrointestinale, dalla cavità orale al canale anale, non spiegabili con la presenza di alterazioni strutturali, metaboliche o biochimiche (1).
D: Definizione della SII
Attualmente la SII è definita come “un disturbo funzionale intestinale in cui il dolore o il fastidio addominale sono alleviati dalla defecazione e associati ad un cambiamento della frequenza delle evacuazioni e/o della consistenza delle feci (in senso stitico, in senso diarroico o in entrambi)” (2).
D: Di che cosa si tratta?
Si tratta di un disturbo eterogeneo, le cui caratteristiche sintomatologiche sono estremamente variabili non solo per tipologia, ma anche per frequenza e gravità. Il dolore addominale può manifestarsi in qualsiasi quadrante dell’addome, sebbene sia più frequente in quelli inferiori e può migrare da un quadrante all’altro.
E’prevalentemente diurno, talora associato ai pasti ed esacerbato dallo stress ma non sveglia il paziente di notte (3).
D: come viene fatta la diagnosi di questa condizione?
La diagnosi della SII si basa su alcuni sintomi e segni, descritti all’interno dei cosiddetti “criteri di Roma”, giunti alla quarta edizione (Roma 4). I criteri di Roma suggeriscono che per fare diagnosi debba esserci dolore addominale (basso non a livello dello stomaco) diffuso a tutto l’addome, ricorrente (almeno un giorno alla settimana negli ultimi tre mesi).
Il dolore addominale (almeno una volta alla settimana negli ultimi tre mesi), le modificazioni e il miglioramento del dolore in seguito alla defecazione, la variazione delle modalità di defecazione nel tempo e la variazione delle caratteristiche delle feci sono i criteri che definiscono la sindrome dell’intestino irritabile.
D: quando bisogna pensare che non si tratti di SII?
Esistono dei sintomi di allarme importanti che devono far pensare ad altre patologie come ad esempio la perdita di peso e l’anemizzazione. Un soggetto con dolori addominali va sempre visitato con attenzione perchè la palpazione dell’addome può portare a scoprire ad esempio masse addominali sospette.
Importante è poi la fascia d’età di comparsa dei sintomi addominali: soggetti al di sopra dei 50 anni, che non abbiano mai avuto in precedenza, alterazioni della funzione intestinale, né sintomatologia di quel tipo è sicuramente un elemento che dovrebbe far riflettere per fare altre indagini che sicuramente in un soggetto giovane non richiederemo.
D: quali altre patologie vanno tenute presenti nella diagnosi differenziale?
I tumori del colon, le malattie infiammatorie croniche intestinali, come la colite ulcerosa e soprattutto il morbo Crohn. La malattia di Crohn, specie nella sua localizzazione ileale viene spesso confusa con una sindrome dell’intestino irritabile. Infine bisogna sempre pensare alla celiachia oggigiorno in forte aumento che può presentare caratteristiche simili alla SII in particolare di tipo diarroico.
D: se esistono, quali sono gli eventi scatenanti nella SII?
Sicuramente la genesi è multifattoriale e lo stress ha un ruolo importante in quanto è oramai noto che c’è una stretta connessione tra funzione cerebrale e funzione intestinale, tradotta nel concetto di brain-gut axis, asse cervello-intestino.
Altrettanto importanti sono le infezioni intestinali che, anche se guarite, possono lasciare un’alterazione funzionale dell’intestino (SII post-infettiva), i cui sintomi poi persistere a lungo.
Quasi il 30 per cento delle forme di SII risultano di genesi post- infettiva. Le infezioni intestinali alterano le difese della mucosa intestinale e soprattutto il microbiota intestinale, che appare sempre più importante nella patogenesi della sindrome dell’intestino irritabile.
D: quali esami strumentali o di laboratorio prescrivere?
Inizialmente sarebbe sufficiente eseguire un emocromo, indici di infiammazione generici come VES e PCR e gli esami ematochimici di base. La tiroide va sempre studiata perché in qualche modo può dare alterazioni dell’alvo – sia in senso diarroico (ipertiroidismo), sia dando stipsi (ipotiroidismo).
Si può richiedere poi la calprotectina fecale, una proteina infiammatoria, che risulta alta nelle malattie infiammatorie croniche intestinale (Mici), come il Crohn e la retto colite ulcerosa e normale nelle altre forme funzionali come nella sindrome dell’intestino irritabile.
D: infine su quali terapie possiamo fare affidamento?
1) Terapie farmacologiche
Antispastici, fermenti lattici e soprattutto l’uso di antibiotici non assorbibili come la rifamixina, un antibiotico utilizzato nelle infezioni intestinali, migliorano in maniera significativa i sintomi (dolore, gonfiore e consistenza fecale).
Per la variante “SII-stipsi”, la linaclotide è efficace sul dolore addominale e sul meteorismo, oltre ad aumentare la frequenza delle evacuazioni.
Per la variante diarroica (SII-diarrea), oltre alla rifamixina e alle fibre, è di recente stata approvata da FDA e EMA una nuova molecola, l’eluxadolina, che riduce la motilità gastrointestinale, facilita il riassorbimento della quota idrica, riduce la secrezione intestinale, rendendo così più compatte le feci.
Il nuovo farmaco inoltre riduce la sensibilità viscerale presente nei pazienti con sindrome dell’intestino irritabile, alla base del dolore.
2) Dieta a basso contenuto di fodmaps
Si tratta di molecole e composti contenuti in diversi alimenti. L’acronimo FODMAP sta per “fermentable oligo-, di-, mono-saccharides and polyols”, ossia “oligosaccaridi, disaccaridi e monosaccaridi fermentabili e polioli”.
Sono forme di carboidrati che, in soggetti predisposti, creano disturbi intestinali compatibili con la SII. I carboidrati incriminati sono: lattosio, fruttosio, fruttani, galattani e polialcoli (ossia sorbitolo, mannitolo, maltitolo, xilitolo e isomalto). Qui di seguito vediamo alcuni alimenti da considerare come a maggior rischio di sintomi nella SII.
Bibliografia
1) Drossman DA, Corazziari E, Delvaux M et al. Rome III: the functional gastrointestinal disorders, third edition. Ed. Degnon Associates: McLean Virginia, 2006.
2) Longstreth GF, Thompson WG, Chey WD et al. Functional bowel disorders. Gastroenterology 2006;130:1480-91.
3) Drossman DA, Whitehead WE, Camilleri M. Irritable bowel syndrome. A technical review for practice guideline development. Gastroenterology 1997;112:2120-37.